9 Maggio 2015 - di Alessia Dulbecco
Sono morti due ragazzi in provincia di Messina. Secondo gli inquirenti, il giovane di trentatré anni ha ucciso la sua ex fidanzata durante un incontro chiarificatore da lui voluto per riflettere sulla fine della loro relazione avvenuta il mese scorso (potete leggere la notizia qui)
Se le parole creano mondi, noi stiamo abitando quello sbagliato.
Nel nostro mondo il concetto di femminicidio viene pressoché ignorato dalla stampa. Anche in questo caso – ma anche nel caso della scorsa settimana, l’omicidio di una donna per mano del marito carabiniere avvenuto a Napoli – si parla di raptus, di gesto di follia.
Spesso si vanno ad individuare cause che, indirettamente, colpevolizzano la vittima: se l’omicidio avviene “nel disperato tentativo di convincere la moglie a non chiedere il divorzio” (erano all’incirca queste le parole usate per il caso di Napoli) sembra quasi che la colpa sia della donna, che ha preferito la propria vita (e le proprie scelte) a scapito della vita familiare che – per i vecchi stereotipi – la donna dovrebbe sempre difendere, anche sacrificando se stessa.
Nel dare la notizia del caso di Messina i giornalisti si sono addirittura superati. Parlano di un caso di omicidio- suicidio per motivi di gelosia”. Tutto pur di non usare la parola “femminicidio”. Tutto per trovare una definizione che contenga in sé già la giustificazione per il gesto..che non a caso è “folle”.
I giornalisti perdono un’altra occasione di far bene il proprio lavoro, peccato.


concordo ma per me uccidere per gelosia non ha nessuna giustificazione (non più di quante ne abbia uccidere per motivi di soldi) anche perchè la maggior parte di chi prova gelosia non uccide
Infatti, non è la gelosia la giustificazione. Il problema è che spesso le notizie riguardanti il femminicidio vengono date te tanto di trovare giustificazioni (come ad esempio quando si parla di raptus di follia…spesso non hanno nulla a che vedere col raptus: sono scelte).
L’ha ribloggato su hero4rent.