17 Marzo 2015 - di Alessia Dulbecco
Qualche giorno fa i riflettori di giornali e telegiornali ero puntati su Trieste e, in particolare, su il gioco del rispetto, un’iniziativa per combattere gli stereotipi di genere nelle scuole dell’infanzia. Molti giornali hanno pensato bene di utilizzare queta vocenda per veicolare informzioni sbagliate, false e tendenziose (la famosa ideologia gender, l’idea che nelle scuole si faccia di tutto per “invertire” l’ordine stabilito in base all’appartenenza sessuale.
Quello che i giornali si sono ben guardati dal raccontare (per una sottile volontà di mistificazione o per ignoranza?) è che – per fortuna! – la scuola italiana è ricca di iniziative di questo tipo, da diverso tempo.
Esistono, inoltre, moltissim* professionist* che si preoccupano di creare libri e materiali per avvicinare i ragazzi ai temi del rispetto e delle differenze di genere
Mi è già capitato di recensire, sul blog, alcuni di questi giochi (trovate qualche info qui). Oggi vorrei parlarvi di un altro strumento ludico-didattico che ha un nome bellissimo: le cuntaline.
Le cuntaline è un gioco di carte, nello specifico è definito come equal opportunities game. E’ stato creato da Barbara Imbergamo per portare avanti un progetto, più ampio, sulle pari opportunità.
Cuntala significa “raccontala”. E’ perciò il nome più adatto per definire un gioco il cui scopo è, appunto, quello di raccontare storie. Si compone di diverse carte, appartenenti a quattro categorie (personaggi, verbi, oggetti e caratteristiche). E’ un gioco strano, cuntala, perché non ha regole. Come si può leggere nel “manuale di istruzioni” :
In questo gioco tutto è possibile e ogni regola può essere inventata. Potete decidere voi quante carte dare, come fare i turni, quanto fare durare una storia.
Se non ha regole, allora, come si gioca? intanto si può partire dal distribuire qualche carta ai* giocator*. Ognun* contribuisce a creare un “pezzo” della storia attraverso la carta che intende giocare. C’è il papà che cucina e la sindaca,la muratrice e l’ostetrico. Le carte sono piacevolissime: hanno colori vivaci, rappresentano immagini non stereotipate e ogni definizione è riportata in tante lingue (spagnolo francese tedesco inglese e italiano).
Fin qui, potreste obiettare, tutto bene: il gioco si presenta bene e ha delle importanti finalità. Ma nella pratica?
Beh, per recensire un gioco bisogna anzitutto provarlo. Io ci ho giocato e mi sono divertita un monte! Pescare carte, aggiungere pezzi ad una storia che comincia già in modo non convenzionale è un ottimo esercizio per uscire da schematismi e pregiudizi. Perché è molto più facile raccontare la storia della bella Biancaneve, che cura i sette nani nella casetta nel bosco, fino a quando la strega cattiva – invidiosa della sua bellezza – non decide di avvelenarla… piuttosto che cominciare il racconto con c’era una volta un giovane papà, in cucina, con un bellissimo grembiule verde…
Le possibilità creative sono infinite e come ricorda l’autrice
Inventare storie a partire da questi personaggi permette di immaginare mondi e comprendere i molteplici aspetti della realtà.
Per avere altre informazioni sul gioco, o per acquistarlo, potete dare un’occhiata al sito!)