15 Gennaio 2016 - di Alessia Dulbecco
Analogie e riflessioni attorno a due fatti di cronaca.
Il 2016 appena cominciato ha già posizionato le donne al centro di numerosi fatti di cronaca nera. Proprio a cavallo tra il vecchio e il nuovo anno si sono verificate diverse morti in sala parto. Situazioni apparentemente tranquille degenerare in tragedie.
Ho seguito poco i notiziari: credo sia giusto dare, infatti, notizie circa lo svolgimento delle indagini – per appurare se si sia trattato di fatalità o di errori umani – ma non trovo giusto entrare nel privato delle situazioni intervistando i parenti, anche quelli di terzo grado, pur di avere un ritratto delle vittime. E si, le perché le donne smettono di essere tali e diventano vittime con connotati quasi angelici. I servizi che ne descrivevano la personalità, le loro aspirazioni di future mamme, le foto intime, vengono così messe su pubblica piazza.
Pochi giorni dopo si è verificato un altro caso di morte in sala parto. Una ventenne, Gabriella Cipolletta, muore durante un’interruzione volontaria di gravidanza al Cardarelli di Napoli. Anche in questo caso ho ascoltato i notiziari solo distrattamente ma, come nei casi precedenti, ammetto di aver provato una sensazione sgradevole. Ho sentito tante, troppe volte ribadire il fatto che si è trattato di un aborto consigliato da un medico, insomma, un aborto a scopi precauzionali. Tutti i telegiornali hanno dato rilievo a questo particolare. La sensazione di fastidio nasceva proprio qui: muore una donna durante un intervento chirurgico. Chi se ne importa di conoscere le motivazioni che l’hanno portata sotto i ferri?
Ho capito poco dopo perchè questa corsa alla giustificazione. L’ho capito mettendo in relazione questo fatto con un altro episodio di cronaca: al centro, ancora una donna. Si tratta di Ashley Olsen, la trentacinquenne uccisa nel suo appartamento in Oltrarno. Si racconta che abbia passato una notte ‘brava’ e l’ipotesi – che pochi giorni dopo verrà confermata – è che possa aver invitato a casa sua qualcuno che poi l’avrebbe uccisa.
Il caso di Gabriella e quello di Ashley: così diversi eppure così simili. Cosa le accomuna è il gioco delle accuse, la mercificazione delle loro vite.
Così si dedicano articoli a capire chi fosse la giovane napoletana – e il meglio che i giornalisti riescono a fare è dire che il medico che l’ha uccisa è quello che venti anni prima l’aveva fatta nascere – esattamente come si gioca ad individuare nello stile di vita un po’ bohémienne della donna americana un possibile motivo del suo omicidio.
Loro non sono le Madonne decedute di parto, nell’atto estremo di dar la vita al prossimo. Loro sono le puttane, morte perché se lo meritavano. Non è un caso, allora, che i giornalisti si affannassero tanto a trovar motivazioni per spiegare la scelta di Gabriella: si trattava di un vano tentativo di depistaggio contro quelle persone che, pochi giorni dopo, scriveranno che “se avesse scelto di tenere il bambino lei sarebbe ancora viva“. Anche sul caso di Ashley, le parole dei leoni da tastiera non si faranno attendere. Come illustra Doppio Standard i commenti su di lei si sprecano.
Le due vicende dimostrano allora, ancora una volta, il peso degli stereotipi. Una donna non è libera di scegliere – di interrompere una gravidanza, di vivere una sessualità non ‘canalizzata’ – e sarà sempre giudicata per come si comporta.
È difficile spiegare ad alcuni uomini questo concetto – subito ribattono che “Ashley non era una santa” o che “bisogna stare attenti” e anche se si chiede loro quanti uomini -generalmente- adottano condotte sessuali disinibite non si riuscirà a ottenere una risposta soddisfacente. Si dirà che per le donne “è più facile subire violenza” senza capire che, purtroppo, è più facile perché alcuni uomini sono propensi a vedere nell’altra solo un oggetto. Si tratta quindi di educazione, sensibilizzazione agli stereotipi nella prospettiva di un loro abbattimento…e libertà.
AlessiaDulbecco
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Hai ragionissima! proprio ieri discutevo con un collega che riteneva che la ragazza americana se la fosse un po’ cercata, vivendo una vita “dissoluta”… il brutto è che non cambia nulla nemmeno discutendoci…
Già..e ad essere precise mi è capitato con donne e uomini.
Posso anche accettare l’idea che frequentare sconosciuti possa essere rischioso, a patto che questo tipo di considerazione valga per entrambi i sessi.
Purtroppo invece succede che una donna potenzialmente “se la cerca”, un uomo invece è assolutamente “un gran figo”.
Sì, può essere rischioso ma non ci sono attenuanti, una donna è libera di vivere la vita come meglio crede, ma non significa che qualcuno sia “autorizzato” a ucciderla. E’ un po’ come quando una donna viene violentata e dicono che però indossava la minigonna… Non mi vengono in mente paragoni simili sugli uomini, ma per me la parità è una questione di rispetto, e purtroppo forse è ancora più doloroso quando gli stereotipi sono anche nelle opinioni delle donne… Un saluto e buona giornata
perfettamente d’accordo 🙂 un saluto a te!
quelli che anno insultato Ashley e la donna napoletana morta in ospedale hanno la stessa mentalità misogina e sessuofoba dei molestatori di Colonia