La fotografia e il corpo femminile: The Nu Project come esempio di educazione all’immagine

7 Aprile 2015 - di Alessia Dulbecco

Indubbiamente la fotografia è il primo di una serie di mezzi che ha modificato il grado di visibilità del corpo (cfr. Enciclopedia Treccani).

In particolare, a partire dalla fine dell’800 si assiste alla costituzione di una nuova relazione tra la fotografia e il corpo femminile. Citando ancora dal sito dell’Enciclopedia Treccani

Per quanto la fotografia sia diventata ben presto un efficace strumento per dare una nuova visibilità alla donna, al suo corpo, alla sua identità, ai suoi ruoli sociali, va rilevato che queste potenzialità sono state utilizzate precocemente ai fini di sfruttamento dell’attrazione sessuale da un sistema di produzione (e di consumo) delle immagini orientato verso (e da) un pubblico maschile.

Il problema dello sfruttamento dell’immagine femminile è, in Italia, una questione su cui si è cominciato a riflettere in maniera organica solo da pochi anni. In particolare, uno dei lavori che ha permesso la presa di coscienza, anche al grande pubblico, di questo problema è stato il magistrale lavoro documentaristico realizzato da Lorella Zanardo, Marco Chindemi e Cesare Cantù. Il progetto che prende il nome di Il corpo delle donne si è sviluppato a partire da una riflessione attorno all’immagine del corpo femminile all’interno della televisione per andare poi a costituire un progetto organico di educazione ai nuovi media al fine di svincolarli dall’utilizzo stereotipato del corpo della donna.

Il mondo fotografico, quindi, ha risentito e risente tutt’ora di una visione limitata delle potenzialità del corpo femminile: esso serve per attirare gli sguardi maschili, vendere prodotti, trasmettere un certo senso di oggettività (come una sineddoche, la donna è una parte del suo corpo – le labbra, i seni, le curve.. – e, in ogni caso, la sua funzione si esplicita nella trasmissione di determinati stereotipi sessisti).

Molti progetti fotografici si possono comprendere alla luce di quanto affermato…ma per fortuna non tutti.

Il progetto fotografico di cui vorrei parlarvi s’intitola The Nu project ed è realizzato da Matt Blum e Katy Kessler, una coppia di fotografi freelance.

Come si legge sulla pagina di presentazione del progetto:

The Nu Project is a series of honest nudes of women from all over the world. The project began in 2005 and has stayed true to the original vision: no professional models, minimal makeup and no glamour. The focus of the project has been and continues to be the subjects and their personalities, spaces, insecurities and quirks.

To date, over 150 women across North and South America have participated in the project. Without their courage, confidence and trust, none of this would have been possible. We are so thankful for their willingness to open their homes to us.

Nu project è una serie di ritratti di donne di tutto il mondo. Gl* autor* definiscono con la parola “honest” i loro ritratti. Per il dizionario della lingua italiana, il termine onesto significa “equo”, “ragionevole”, “che si attiene alla morale” . Non sono modelle professioniste, non vengono scattate foto di moda e le ragazze e le donne che partecipano sono ritratte al naturale, senza  o con pochissimo makeup. Come raccontano sul sito, i soggetti (cioè loro, le donne) sono il focus del progetto insieme alla loro personalità, agli spazi che abitano, alle loro insicurezze e stravaganze.

nu

Se si scorrono le gallerie (i ritratti sono suddivisi in base al continente in cui sono stati realizzati) si comprende facilmente che si tratta di un lavoro lontano dalle stereotipie a cui siamo abituati ormai ad associare il corpo femminile. Sono ritratti imperfetti e, per questo, bellissimi.

nu project2

Sono foto che hanno qualcosa da comunicare e, cosa non da poco, ciò che comunicano ha un valore etico importante. Sono foto con una rilevanza pedagogica, a mio modo di vedere. Esse educano lo sguardo – sia maschile che femminile – a guardare a determinati elementi (le forme rotonde, i seni cascanti…insomma tutti quei tratti che in una fotografia di moda sarebbero dei tabù) e ad accettarli come componente ineludibile di un corpo normale, di un corpo sano.  Sono foto belle e sono foto buone, perché citando Berengo Gardin

“Tra una bella foto e una buona foto scelgo la seconda, quella che ha qualcosa da dire.”

 
 

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One response

  1. Paolo ha detto:

    Ben vengano progetti fotografici come questo, ma dico alcune cose: mi pare che tolto photoshop, i corpi delle modelle siano autentici come quelli di qualsiasi altra donna. e un seno sodo è sano e autentico quanto uno “cascante”. Che poi generalmente una donna con un seno sodo risulti più attraente di una col seno cascante è un fatto che va accettato e non è un affronto, del resto un uomo col corpo flaccido è, in linea di massima, meno bello di uno tonico e non c’è nulla di male nell’accettarlo: anche uomini e donne non tonici e non bellissimi trovano l’amore, curano il loro aspetto, possono avere una vita sessuale e una esistenza felice o infelice come chiunque altro, soggettivamente possono anche risultare attraenti sessualmente per qualcuno. Ed essere sexy, attraenti, sensuali non vuol dire “oggettificazione”: la sensualità, l’attrazione sessuale fa parte della vita e dell’umano
    Quindi tu mi puoi anche dire che soggettivamente per te Massimo Boldi e Dario Argento sono strafighi e sexy e ne prendo atto ma resta il fatto che i bellocci sono Luca Argentero e Paul Walker. (per inciso: io NON ho il fisico di Luca Argentero, sono magro ma flaccido e non ho problemi a riconoscere che certi uomini sono fisicamente più belli di me,ciò non significa che disprezzo me stesso o nego a quelli col mio fisico la possibilità di avere una vita amorosa, sessuale, di piacersi e piacere)

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