11 Febbraio 2016 - di Alessia Dulbecco
Che fare se la scuola ha bisogno di fondi? Tutto è lecito, nella logica di mercato?
Si sa: la scuola è sempre più un luogo di scontri e battaglie. Le riforme la pongono spesso al centro di innumerevoli dibattiti con il solo risultato di peggiorarne, concretamente, la situazione. Un po’ come i cambiamenti che hanno colpito, anno dopo anno, l’USL (che da Unità è diventata AZIENDA) anche per la scuola si prospetta questo orizzonte.
Intendiamoci: non ho assolutamente nulla contro i modelli privatizzati (purché funzionanti). L’assistenzialismo statale non ha prodotto solo benefici. Personalmente lavoro nell’ambito del privato sociale: qui nessuno si siede sugli allori, è sempre necessario aggiornarsi, formarsi e proporre contenuti innovati ed interessanti..altrimenti le sovvenzioni (che non sono statali, quindi non sono date di default) non arrivano e in quattro e quattr’otto si chiude bottega. Certo, c’è un PERÒ. Anzi, tanti.
Però… è essenziale che le proposte siano in linea con il proprio ambito di intervento.
Però… è essenziale non snaturare i contesti.
Però..è essenziale che la privatizzazione (e la ricerca di capitali) sia funzionale ad una maggiore inclusione dell’utenza … a favorire il loro benessere, insomma. Perché, personalmente, non credo che solo il pubblico favorisca l’inclusione. Ciò sarebbe possibile se ci fossero i capitali e le coperture cosa che, al momento, non mi pare di vedere.
Insomma tutto questo per dire che non è il problema della “scuola trasformata in azienda”. Ben vengano le aziende che funzionano (e tutti i servizi che possono erogare… penso alla Menarini e ai suoi asili per i bambini dei dipendenti, penso alla mia conterranea Carli e a tutte le agevolazioni che può fornire ad operai e lavoratori).
Per questo alla notizia che una scuola dell’infanzia e una scuola primaria potessero ospitare una dimostrazione relativa alla vendita di materassi e doghe con l’unico scopo di permettere all’istituto un guadagno di circa 500€ sono rimasta basita. Intendiamoci: i soldi sono necessari e quando lo Stato non provvede è sicuramente necessario per la scuola provare a recuperare dove è possibile per fornire quei servizi di base (ma “di base proprio”..tipo la carta igienica, il sapone o le matite colorate nelle aule). Ma l’unico modo è proprio quello di organizzare una dimostrazione per una vendita di materassi (a proposito,spero che Mastrota sia incluso nel prezzo dell’esibizione!)?
Perché non proporre un aperitivo di autofinanziamento? può essere l’occasione per fare squadra e aprire la scuola al territorio. O la presentazione di un libro. O, ancora, la possibilità di collaborare con i professionisti o le cooperative del territorio per creare corsi formativi specifici per alunni con difficoltà di apprendimento: professionisti preparati, quindi ben retribuiti, che collaborano con la scuola fornendo un servizio che potrà essere di sicuro aiuto alle famiglie…credete non ci siano aziende pronte a scendere una piccolissima parte del loro fatturato per sostenere iniziative simili?
Certo, è molto più semplice “svendersi” al miglior offerente piuttosto che mettere del sano impegno alla ricerca di ambiti assolutamente redditizi ma sicuramente più difficili da trovare.
La scuola può sicuramente convertirsi a logiche aziandali…ma forse è meglio che non si trasformi in uno showroom.
Alessia Dulbecco
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(immagine: web)
Hai proprio ragione, il problema, a parer mio, è che creiamo le “Aziende Scuola”, senza avere formato i “Dirigenti Scuola”! Non penso sia facile trasformarsi da dirigente, magari laureato in materie umanistiche, in un “cacciatore di fondi”, agguerrito manager!!! Come sempre mettiamo insieme una scarpa ed una ciabatta e non ci preoccupiamo della professionalità dell’individuo. Buona giornata.