4 Settembre 2015 - di Alessia Dulbecco
“Riconosciamolo: quando diciamo thailandese, pensiamo a una prostituta”, dice Aldo Cazzullo.Strano.
Io quando dico thailandese penso alla cucina.
L’articolo prosegue sottolineando il grosso “balzo in avanti”delle donne di Bangkok:la percentuale deg* student* universitar* (il65%) sono donne.
“E non credete alle costruzioni intellettuali degli etnologi che discettano di matriarcato ancestrale – prosegue Cazzullo – nel Sud-Est asiatico, proprio come in ogni parte del mondo, le donne per millenni sono state considerate inferiori agli uomini; e se una donna in famiglia comandava, era grazie al suo talento, alla sua personalità, al suo lavoro, e alla sua capacità di farsi concava e convessa, di guidare la danza lasciando all’uomo l’impressione di essere guidata, come nel tango”.
Il problema è proprio qui, sul concetto di visibilità. Alle donne mancava (e in molti caso continua a mancare, in Thailandia come in altre mille parti del mondo, inclusa casa nostra) il riconoscimento, che coincide poi con la capacità di ricoprire un ruolo avendo il diritto di farlo. Il fatto che la percentuale di donne che studia sia in aumento è un dato positivo, ma attualmente irrilevante. Per poter dare rilevanza a questo dato è essenziale che si cominci a pensare alle Thailandesi come donne, come studentesse… e non come prostitute.