I nostri ostacoli: quella violenza che non si vede

29 Novembre 2020 - di Alessia Dulbecco

Nel 1999,  l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha scelto il giorno del 25 novembre come data simbolo per ricordare le numerose forme di violenza subite dalle donne.

In Italia, sono circa 7 milioni le donne che hanno dichiarato di aver subito una qualche forma di violenza, ogni tre giorni una muore per mano di un aggressore, quasi sempre partner, un ex o un familiare.

In un’occasione come questa è importante ribadire che tutte le forme di violenza, anche quelle più estreme, non potrebbero sussistere se non vi fosse una cornice culturale in grado di sostenerle. Essa filtra in quelle più evidenti (quelle che lasciano i segni, ad esempio), ma rimane molto sotto la superficie quando invece si mescola ad atteggiamenti che da secoli le donne sono abituate a subire.

La campagna #inostriostacoli

Proprio per portare l’attenzione su quelle forme di violenza che appaiono quasi più come ostacoli – considerando quante volte si frappongono nel nostro cammino di emancipazione – è nata la campagna #inostriostacoli. Si tratta di un hashtag lanciato da Elisabetta Bronzino, in arte Minoma (@_minoma_ ) architetta, illustratrice e grafica che ha deciso di condividerlo con me e Silvia Santo (@unamammagreen).

Elisabetta ha illustrato quattro fenomeni che ostacolano spesso la vita delle donne (mansplaining, gaslighting, manterruption e il carico mentale) a cui Silvia ed io abbiamo dato parola.

 

Di seguito trovate le illustrazioni coi testi da me realizzati, ma vi invito a passare sul profilo Instagram di Elisabetta per poter vedere l’intero lavoro.

… buona lettura!

Manterruption

Fateci caso: in un dibattito pubblico o in una conversazione privata, in un programma televisivo o nei comizi politici, le donne vengono interrotte con molta più frequenza dai colleghi/amici/avversari uomini.
Durante le elezioni del 2016, Trump ha interrotto lo speech dell’avversaria Clinton 51 volte; pochi mesi fa, lo psicologo Morelli, sempre più alterato dalla piega che stava prendendo la conversazione con Michela Murgia su Radio Capital, ha cominciato ad urlare e ha zittito la giornalista con un sonoro “Taci!”.
Ridurre al silenzio una persona, una donna, è un gesto simbolico fortissimo, per questo dobbiamo guardarlo con attenzione. Zittire l’interlocutrice significa controllare la conversazione, svalutare il suo discorso e la sua persona, da ultimo significa delegittimarla. Da sempre le donne hanno fatto fatica a prendere parola: il sessismo e la cultura fortemente patriarcale hanno relegato la presenza femminile nella sfera privata. Oggi, le donne stanno conquistando spazio in quella pubblica e non a tutt* ciò sta bene.
Contrastare il Manterrupting si può e si deve: ogni volta che ci sottraggono la parola, riconquistiamola interrompendo chi ci ha interrotto e dimostrando che abbiamo capito il suo gioco e non saremo disposte a farglielo fare. Per questo, il primo passo è riconoscere il nostro valore e abbattere quelle vocine che ci ricordano che, in fin dei conti, è normale se ci dicono di star zitte. Spesso, infatti, il manterrupting va a braccetto con altri fenomeni, primo tra tutti la famigerata “sindrome dell’impostore”. Riconoscerne la pervasività è il primo passo per agire.
Abbiamo il diritto, la dignità e le competenze per far sentire la nostra voce.

 

Gaslighting

 

Nel 1938 un’opera teatrale metteva in scena il tentativo, da parte di un uomo, di manipolare piccoli elementi dell’ambiente allo scopo di far dubitare la moglie della sua stesse percezioni. All’epoca, le lampade erano a gas e il marito ne indeboliva il flusso di modo che la luce si affievolisse: la compagna cercava di far notare l’accaduto ma egli la delegittimava affermando fosse solo frutto della sua immaginazione.
La parola gaslighting deriva proprio da qui: si tratta di un comportamento manipolatorio molto serio poiché porta chi lo subisce a dubitare ciò che sente, ciò che vede, ciò che prova.
Come è facile immagine, gli effetti sono molto potenti dato che la vittima comincerà a sentirsi sbagliata. Frasi come “ti sei inventata tutto!”, “è solo frutto della tua immaginazione”, “hai capito male”, sono segnali importanti per riconoscere se si è vittime di questa grave manipolazione il cui fine ultimo è portare chi la subisce ad una vera e propria sudditanza fisica e psicologica.
Spesso tendiamo a ritenere che la violenza sia solo quella fisica: questo ragionamento è profondamente sbagliato. Nessuna donna riuscirebbe a resistere, all’interno di un contesto caratterizzato da botte e soprusi, se prima il suo aggressore non avesse contribuito a “preparare sul terreno” soggiogandola da un punto di vista mentale. Gli effetti del gaslighting sono molteplici e vanno dal senso di smarrimento alla depressione vera e propria. È essenziale agire subito, quando ancora si oscilla tra il considerare come “vera” la propria posizione o quella altrui. Se ritenete di vivere in una relazione disfunzionale, caratterizzata da questo comportamento manipolatorio chiedete aiuto, subito!
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